La tempesta energetica è arrivata e il rischio paralisi ed il caro bollette ne sono l’effetto. La transizione energetica lega fra loro il tema ambientale, il cambiamento climatico, quello energetico ed economico-imprenditoriale che necessitano di importanti interventi sia nelle politiche industriali che nella formazione del mix energetico nazionale.
Non possiamo più permetterci di guardare solo al nostro orticello elettorale, come purtroppo in questi settori è da sempre avvenuto (la cosiddetta sindrome Nimby, non nel mio cortile) ma dobbiamo intervenire nell’intero sistema economico-produttivo continentale. Non per nulla la Commissione Europea ha iniziato a discutere la tassonomia verde cioè i criteri di finanziamento della produzione energetica green da perseguire considerando – novità assoluta – anche e soprattutto il nucleare e il gas fossile, utili alla decarbonizzazione dell’economia dell’Unione, forte del fatto che ben 14 paesi europei su 27 posseggono almeno un reattore nucleare per un totale di oltre 120 reattori totali.
La tempesta energetica si combatte in due modi. Il primo immediato con un robusto e cospicuo scostamento di bilancio per fronteggiare il caro bollette con una doverosa distribuzione di liquidità indiretta alle famiglie ed imprese. La Lega ha chiesto formalmente a Draghi di intervenire entro fine gennaio.
La seconda via, di prospettiva, è quella di creare una sovranità energetica nazionale che ora ci manca e che ci porta a subire per il primo trimestre 2022 un aumento del costo del 55% per l’energia elettrica e del 41,8% per il gas naturale (Fonte Arera). Difatti per soddisfare la nostra domanda interna dipendiamo di un approvvigionamento estero del 13,5% per l’energia elettrica e del 95% per il gas con prezzi di acquisto soggetti a sperequazioni elevate derivanti da logiche geopolitiche e di costi per i permessi di emissione di CO2.
Preso atto che la filosofia della decrescita felice è fallimentare perchè tipicamente si concretizza in infelice, è doveroso nell’immediato che l’Italia, al passo dell’Unione Europea, scelga il proprio modello di sviluppo ambientale energetico ed industriale da perseguire al fine di poter mantenere e possibilmente aumentare i livelli occupazionali, imprenditoriali ed economici della sua popolazione in un’ottica di competizione globale con Cina e Stati Uniti.
Teniamo presente che sia la Francia, con diciannove centrali elettronucleari, che la Germania, con nove centrali, hanno una produzione energetica nazionale che è per ognuna doppia rispetto alla nostra (circa 570 TWh ciascuna contro i nostri 281 TWh) ed esportano rispettivamente il 10% e il 6% della loro produzione oltre a soddisfare completamente ed autonomamente i propri consumi interni. Non ultimo il dato italiano sulla produzione ed importazione di gas: circa 4 miliardi di metri cubi prodotti contro i circa 70 miliardi di metri cubi importati. Cifre esorbitanti che non possono non far riflettere su quanto i sistemi economico, finanziario e produttivo nazionale siano succubi da influenze esterne.
Per stare al passo dobbiamo implementare lo stoccaggio del gas, una sua ricerca e nuova trivellazione nazionale, un incentivo al riequilibrio delle fonti rinnovabili sia solari che idroelettriche e mini-idroelettriche, una nuova produzione energetica legata all’ idrogeno e per il nucleare di quarta generazione, formato da reattori più piccoli, meno costosi, più sicuri, con una minore produzione di scorie si deve studiarne la realizzaizone e non demonizzarlo, da valutarsi senza pregiudizi e ideologie antistoriche.
Inoltre il settore dell’energia italiana deve essere supportato da filiere industriali al servizio del suo sviluppo, altrimenti senza una produzione interna degli strumenti necessari per produrre energia rinnovabile renderemo ricche altre nazioni investendo i soldi presi a prestito dall’Europa per girarli nelle tasche di altri. La Cina produce il 71% dei moduli fotovoltaici venduti nel mondo e nel Nord Europa si fabbrica quasi il 35% delle turbine eoliche mondiali.
In sintesi: implemento delle centrali a gas e gasdotti per alimentarle possibilmente con gas nostrano, pensare a centrali nucleari di nuova generazione, avviare la filiera produttiva italiana dei generatori di rinnovabili.
Non nascondiamoci più dietro un dito perché il caro bollette e dei prodotti di prima necessità è la realtà che deve renderci tutti seri e responsabili.
Roberto Simonetti