La politica “sana” giunge al referendum popolare quando lo storico stallo parlamentare ed istituzionale ferma ogni spinta riformatrice. Da sempre è così: il referendum sul divorzio ne è un emblema significativo. E sottolineo “sana” perché per esempio il referendum sul nucleare fu figlio non di una reale esigenza sociale ma di un’antistorica ideologia finto-ambientalista che, come purtroppo dobbiamo verificare ai giorni nostri, ha spento un’evoluzione energetica del nostro Paese, condannandoci alla dipendenza straniera piuttosto che ad una autonomia nazionale. E questa legislatura, partita come quella del cambiamento, sta dimostrando invece quante resistenze provengono dal Pd e dai 5 Stelle a rivoluzionare lo status quo.
Ecco perché i 5 referendum sulla Giustizia proposti sia da una maestosa raccolta di firme popolari che dall’approvazione di leggi regionali sono un’occasione storica per riformare un sistema giudiziario bloccato, ingessato, immutato da più di trent’anni, che dal post tangentopoli degli anni ’90 non ha più palesato una palpabile separazione dei poteri previsti non solo dalla nostra Costituzione ma dal sistema civile occidentale.
Votare SI ai referendum significa ridurre il correntismo esasperato che produce carriere non fondate sulla meritocrazia ma sull’appartenenza ad una corrente appunto (il libro di Palamara ne ha reso edotti tutti), significa rinvigorire terzietà e indipendenza della magistratura. Ecco il perché del quesito sulla riforma del CSM che abrogando l’obbligo per un magistrato che voglia essere eletto a membro del CSM stesso, di dover essere supportato da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura, lo libera dal vincolo delle correnti mettendo in luce le sue qualità personali e professionali. Terzietà da implementare anche con l’approvazione del quesito sulla separazione delle carriere fra pubblico ministero e giudice cosicchè il magistrato debba scegliere all’inizio della propria carriera tra la funzione giudicante e quella requirente da mantenersi poi per tutta la sua vita professionale.
Votare SI significa ridare dignità ai mandati elettivi, soprattutto quelli delle istituzioni locali, perché con la Legge Severino di cui si richiede l’abrogazione, gli eletti nei Comuni e nelle Regioni condannati in primo grado vengono immediatamente ed automaticamente sospesi dalla loro carica pubblica senza poter aspettare la conclusione del processo nel suo terzo grado di giudizio che la Costituzione garantisce a tutti tramite il principio del diritto penale della presunzione d’innocenza. L’articolo 27 della Costituzione infatti prevede che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva e quindi non può una semplice legge ovviare alla presunzione di non colpevolezza. Con l’approvazione del quesito si cancella l’automatismo e si restituisce al giudice la facoltà di decidere se sia da applicare in caso di condanna anche l’interdizione dai pubblici uffici.
Votare SI significa non mandare in carcere innocenti perché eliminando la possibilità di procedere con la custodia cautelare per il rischio di «reiterazione del medesimo reato», faremo in modo che finiscano in prigione prima di poter avere un processo soltanto gli accusati di reati gravi. La pena detentiva deve essere figlia di una sentenza, non un metodo indiretto di condanna preventiva.
Capisco che i temi proposti dai referendum siano molto tecnici e delicati. Capisco anche chi afferma che queste problematiche dovrebbero essere risolte dal Parlamento.
Ma quando il sistema politico nicchia perché è refrattario al cambiamento ecco che l’articolo 1 della Costituzione diventa fondamentale: “la sovranità appartiene al popolo”. Ed il referendum è l’istituto democratico di maggior valore per il popolo: è lui infatti che può decide direttamente con il suo voto se una cosa sia di fare o meno, senza la mediazione della rappresentanza dell’eletto. Per questo trovo spiacevoli e puerili le richieste di astensione che provengono da alcune parti politiche che dovrebbero invece difendere e promuovere il diritto/dovere dell’elettore alla partecipazione al voto.
Abbiamo quindi un’occasione storica per far ripartire il Paese.
Non sciupiamola.
Domenica andiamo a votare e crociamo 5 SI sulle schede elettorali.
#IovotoSI.