Coronavirus non è solo una grave pandemia sanitaria. E’ anche lotta politica, economica e strategica. E il termometro di questa battaglia, neanche più così sotterranea, oltre alle avventate affermazioni della presidente BCE Lagarde, si manifesta con il rally di tutte le Borse orfane del vecchio ordine mondiale costituito. Il nostro paese, benché patria di grandi imprenditori e talenti, è un medio se non piccolo vascello in mezzo a questo mare in burrasca, ove imponenti bastimenti navigano alla ricerca di un porto sicuro. O più realisticamente bastimenti carichi di beni materiali ed immateriali utili alla costruzione di nuovi porti sicuri a loro congeniali.
In Europa abbiamo Gran Bretagna, Francia e Germania che mettono sul piatto del contrasto al covid-19 milioni di euro a tripla cifra. E nel mondo in primis due super potenze, Cina e Stati Uniti, già in competizione commerciale e politica fra loro ben prima dell’espansione del virus. Stati che, oltre ad operare per la loro difesa domestica, vedono in questa tempesta perfetta causata dal coronavirus, il momento ideale per ambire ad allargare la loro egemonia nel mondo, più o meno territorialmente vicino.
E noi siamo la preda più indifesa, più facile, più interessante.
Il nostro vascello è carico di talenti, di savoir faire, di marchi di aziende ed imprese dalla vision mondiale, è il più bello, quello più affascinante, quello con una vasta propensione al risparmio privato, ma nello stesso tempo è il più indifeso, il più facilmente aggredibile. Ecco perché deve essere assolutamente e velocemente protetto con forza dalle possibili ulteriori scorrerie speculative che già hanno devastato il nostro tessuto economico nell’ultimo decennio. Non elenco, perché noti, tutti i marchi storici già acquistati da gruppi stranieri.
Dobbiamo quindi prendere da esempio, almeno in questo, la vicina Francia che con una semplice affermazione del suo Ministro dell’Economia Le Maire chiarisce le idee a tutti i potenziali speculatori: “Parigi è pronta ad effettuare delle nazionalizzazioni, se necessarie”. Una frase molto semplice ma muscolosa: altro non è che uno stop preventivo, a zero euro di costo, a qualsivoglia fregola di chi abbia pensato di impadronirsi a prezzi di saldo di asset strategici francesi.
Da noi invece sta avvenendo l’esatto contrario: borsa a picco ed enfatizzazione nazionale degli pseudo aiuti cinesi in mascherine e poc’altro in campo sanitario. Azioni poi che tra l’altro non potremmo che considerarle semplicemente come un ravvedimento operoso, visto che questa porcheria di epidemia è partita proprio dalla Cina.
Asset strategici nazionali da difendere, quali per esempio la sicurezza digitale, la gestione dei dati, la telefonia, il controllo energetico, il tessuto imprenditoriale nazionale che non possono essere alla mercè del Don Rodrigo di turno, visto che il tema pestinenziale dei Promessi Sposi è ritornato in auge in questo frangente storico.
La si smetta di flirtare con il governo cinese che tutto vuole tranne essere sinceramente amichevole e devoto alle nostre esigenze ma si pongano immediatamente in sicurezza i nostri gioielli di famiglia attraverso meccanismi legislativi di tutela dei brand imprenditoriali e delle società quotate strategiche più o meno partecipate dallo Stato.
Spero proprio che questa unità nazionale tanto invocata per alleviare e combattere il coronavirus non si evolva poi in un semplice ma devastante mezzo di distrazione di massa affinchè capitali e potenze straniere possano senza ostacolo inghiottire in un sol boccone la nostra storia imprenditoriale ed economica, limitandoci di fatto della nostra libertà.