DAT ovvero Disposizioni Anticipate di Trattamento, Si o No? Una risposta non è facile perchè dipende da molti fattori sia personali che etici, religiosi ed anche politici.
Innanzitutto dobbiamo comprendere il contenuto della proposta di legge all’esame del Parlamento. Il testo giunto in aula, oltre a riaffermare il concetto costituzionalmente tutelato del consenso informato per tutti dispone che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Il rifiuto del trattamento sanitario indicato dal medico o la rinuncia al medesimo non possono comportare l’abbandono terapeutico. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare allo stesso e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può quindi, attraverso le DAT, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali. Può, altresì, indicare una persona di sua fiducia che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Il medico è tenuto al rispetto delle DAT le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. Nel caso di conflitto tra il fiduciario e il medico, si procede attraverso l’intervento di un giudice.
Sintetizzando il testo all’esame del Parlamento si può affermare che questo non prevede direttamente l’“eutanasia” come avvenuta per Dj Fabo in Svizzera (assunzione volontaria di un cocktail letale di medicinali), ma esclusivamente la possibilità per il paziente di rifiutare le cure terapeutiche, l’idratazione e l’alimentazione. In altre parole, una persona può decidere di morire di sete e di fame. E questo è il primo errore mediatico che induce a credere ben altro se la legge fosse approvata. Un secondo controsenso è quello dell’inversione del rapporto fiduciario fra medico e paziente in cui non è più il primo a definire le cure, per cui ha studiato, per cui la scienza gli ha affidato il compito di prolungare la vita, ma è il secondo. La terza assurdità è rappresentata dal fatto che questa legge non aiuterà a definire e chiarire cosa possa essere consentito e cosa no qualora si scegliesse di porre fine alla propria vita, bensì permetterà alla magistratura una vera e propria invasione di campo laddove –ed il timore è che questo possa avvenire sempre- fosse chiamata a decidere in merito ai contenzioni che si produrranno tra la strutture sanitarie e fiduciari.
Sarò controcorrente rispetto alla ondata emotiva che caratterizza il dibattito, sul quale anche il Vaticano tace e non ha assunto neppure una timida posizione, e senza essere confessionale dico che non mi prostro alla visione globalizzante dell’uomo senza identità, in cui le DAT sono una parte del tassello del mosaico dell’atomizzazione della società, i cui pezzi sono rappresentati dalle leggi sui matrimoni omosessuali, dalle adozioni per le coppie gay, dalla liberalizzazione delle droghe, tutte mediate dall’intervento della magistratura che con sentenze particolari modella una nuova società del tutto contraria a quella naturale. Le DAT sono solo un pretesto, visto come sono state pensate, non per dare risposte a chi soffre ma solo per comporre un nuovo mondo alla cui costruzione io non voglio partecipare e contribuire.
On. Roberto Simonetti