Simonetti: no alla fiducia al decreto enti locali del 21.07.2016 • Roberto Simonetti

Simonetti: no alla fiducia al decreto enti locali del 21.07.2016

Inserita venerdì, 22 Luglio 2016 | da: roberto simonetti
Condividi questo articolo:

ROBERTO SIMONETTI. Presidente, vedete, non è tanto la quantità della produzione legislativa che un Governo dà al Paese che può essere meritevole della fiducia, ma è la qualità della produzione legislativa che deve essere opzionata alla fiducia; e i risultati della produzione legislativa di questo Governo certamente non depongono a favore di chi vuole dare ad esso la fiducia. Noi certo non la daremo, perché i dati ci portano alla visione di una pressione fiscale decisamente troppo elevata: il 48 per cento del PIL, che è tra le più alte d’Europa; il 41 per cento è quella della media UE. Abbiamo una tassazione che supera di 28 miliardi la media europea, che crea un gap di competitività al sistema delle imprese e chiaramente non favorisce la crescita, non favorisce la produzione e la produttività. Abbiamo un’IVA al 22 per cento, mentre la media europea è al di sotto di questa aliquota; e vedremo poi anche quest’anno come verrà risolto il problema dei 15 miliardi della clausola di salvaguardia, e se tale aliquota non verrà addirittura aumentata.
La pressione fiscale in Germania non arriva al 40, in Gran Bretagna non arriva al 35; e tutto ciò ci porta comunque come total tax rate al 65 per cento in Italia: questo effettivamente è un gap di competitività che non induce certamente all’ottimismo, e a poter votare la fiducia a questo Governo. Una tassazione differenziata, che al Nord è pro capite 10 mila euro, mentre al Sud non arriva a 6 mila euro: questa grande differenziazione, oltre ovviamente alla differente dislocazione delle attività produttive, porta anche a ragionare su dove c’è nero, dove c’è lavoro irregolare e dove non c’è lavoro regolare.
E poi c’è anche un’altra riflessione da fare, perché le entrate tributarie vanno per l’81,5 per cento nelle casse dello Stato, solo per il 10 per cento nelle casse regionali e solo per l’8 nelle casse degli enti locali: questo è un dato che fa riflettere, non tanto perché è lo Stato che probabilmente dovrebbe dare maggiori servizi, ma perché questo Stato è vampiro nei confronti dei cittadini e nei confronti degli enti locali. Qui si sta parlando di un decreto degli enti locali, e questo provvedimento, tutta questa serie di provvedimenti che si sono susseguiti da quattro anni a questa parte, sempre di Governi a guida del Partito Democratico, direttamente o indirettamente, hanno portato a dei tagli sostanziosi, draconiani, troppo elevati verso gli enti locali, però mantenendo allo Stato centrale questa appropriazione di tassazione: come dicevo prima, l’82 per cento di tutte le tasse che vengono incorporate nello Stato vengono utilizzate dallo Stato a scapito degli enti territoriali.
Tutto ciò ovviamente porta ad una crescita sempre più ridotta, ad una crescita che prosegue a ritmi più lenti: abbiamo una produzione con un segno negativo dello 0,6 per cento in meno a maggio, con un calo tendenziale rispetto all’anno precedente ed una contrazione congiunturale a partire dai beni strumentali, meno 1,8 per cento da aprile. Non vi sono, nelle attività del Governo, visioni di politiche industriali atte a soddisfare la crescita, a soddisfare l’esigenza di maggiore e migliore competitività: l’unica produzione legislativa che abbiamo visto in questi periodi di magra sono stati tutti i «salva banche». Ci sono stati diversi provvedimenti, molti con decreto: ricordo i provvedimenti sulle banche di credito cooperativo, le banche popolari, l’introduzione del bail-in, il patto marciano, il pegno non possessorio dello scorso mese; tutti provvedimenti che tendono a rafforzare il sistema bancario, ma più che il sistema bancario i banchieri, a scapito dei correntisti, a scapito delle imprese. Se voi voleste continuare sul filone degli interventi sul settore bancario, ne avete fatti tanti, fatene ancora uno: quello della separazione delle banche commerciali con le banche speculative, che molto probabilmente sarebbe l’unico provvedimento risolutivo di questa situazione di difficoltà del sistema del credito.
Anche la burocrazia che, malgrado tutte le riforme della pubblica amministrazione, rappresenta un altro dei veri pilastri negativi dalle mancata competitività: in Italia si sprecano 269 ore all’anno per la burocrazia, che sono 92 ore in più rispetto alla media europea, che si attesta a 177 ore. Tutto questo che ho elencato produce un cuneo fiscale, un costo del lavoro dipendente troppo alto, che voi non avete mai voluto andare ad attaccare e che ci porta ad essere al 45o posto al mondo per capacità di favorire l’attività di impresa. Malgrado tutto questo enorme prelievo fiscale, ovviamente c’è una bassa qualità dei servizi pubblici.
Nel campo del lavoro, le vostre modifiche legislative, che molte volte vengono elogiate: con ilJobs Act, con le tutele crescenti legate al Jobs Act avete tolto dei diritti dicendo che ci sarebbero state delle maggiore assunzioni a tempo indeterminato. Ovviamente queste ci sono state l’anno scorso, ma grazie non tanto al Jobs Act quanto alla decontribuzione, che era sostanziosa, e che però, essendo ridotta al 40 per cento per le annualità successive, vede quest’anno le assunzioni a tempo indeterminato, rispetto all’anno scorso, scendere del 78 per cento, mentre salgono i voucher(più 43 per cento nel 2015). Ricordo che l’anno scorso sono stati staccati 115 milioni di voucher, proprio perché si utilizza questa nuova metodologia per andare a sostituire, per esempio, anche ilpart-time, perché i 7.000 euro annui di cumulo totale legato ai voucher si possono avvicinare, a livello economico, a un part-time; però gli imprenditori, chi utilizza nel mondo del lavoro questa tipologia di «contratto», diciamo così, preferisce il voucher piuttosto che un’assunzione. Questo è un segnale che voi dovreste cogliere ma che non cogliete. Anzi, vediamo che i dati che vi ho riportato portano in tutt’altra direzione.
È chiaro che poi Confindustria dice che vi voterà il referendum. Beh, quando voi gli votate il contratto di solidarietà espansivo, che significa che loro saltano qualsiasi tipo di contrattazione, sia aziendale che nazionale – praticamente, con il contratto di solidarietà difensivo facevano lavorare tutti con minori diritti e minori ore, però poi, quando riprendeva il lavoro, avevano il dovere di riutilizzare lo stesso personale aumentandone i diritti e le ore di lavoro; invece adesso no, si tengono tutti a quattro, sei, tre ore al giorno e si può assumere nuovo personale con quelle caratteristiche, con quei pochi diritti –, è chiaro che è un grandissimo regalo all’industria, perché si può aumentare la produzione con minori costi, e poi è chiaro che gli imprenditori vi votano la riforma. Con tutte queste regalie e abbassamento dei diritti che fate nei confronti dei lavoratori, non poteva essere altrimenti.
Un’altra modifica che non c’è, che aleggia solo sulle Commissioni, solo sui dibattiti giornalistici e televisivi, è la riforma delle pensioni: si parla molto, ma questo Parlamento non legifera in merito. Sarebbe interessante che questo Governo ponesse la fiducia sulla riforma Fornero, altro che Ape, anticipo pensionistico, con il quale voi chiedevate al pensionando di fare un mutuo per poter accedere alla pensione ! Un debito pubblico che aumenta: più 10 miliardi rispetto ad aprile; ma sapete da dove provengono 10 miliardi di aumento di debito pubblico ? Su 10,9 miliardi, 10,5 aumentano nelle amministrazioni centrali e solo 0,4 nelle amministrazioni locali, a fronte però di tagli indiscriminati, dal 2011 al 2015, per 27 miliardi, agli enti locali: 16 miliardi alle regioni, 8 miliardi ai comuni e 4 miliardi alle province.
Sostanzialmente, facciamo un pareggio di bilancio nazionale facendo pagare tutto ai territori, facendo pagare tutto agli enti locali e nulla al sistema centrale, che addirittura aumenta il debito pubblico di 10,5 miliardi su 10,9. È un sistema tutto da rifare quello delle autonomie, dalla «legge Delrio» in giù. Non è più possibile mandare in dissesto gli enti locali a fronte e per colpa dei minori trasferimenti e dei tagli che voi fate. Pertanto, a valle del referendum sarà necessario riprendere in mano tutta la partita degli enti locali, perché così non si può più andare avanti. I sindaci non riescono più a risolvere i problemi dei propri cittadini, malgrado ci sia una tassazione, sia locale che nazionale sempre più elevata, che però non soddisfa le giuste richieste dei nostri concittadini. Quindi, voto di sfiducia totale a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).


Rimani aggiornato:

    Premendo su INVIA, si acconsente al trattamento dei dati come indicato nell'informativa sulla Privacy.


    FACEBOOK: